martedì 13 maggio 2008

Sogno o son desto?

Solitamente prima di prendere sonno leggo i giornali, gli articoli rimasti in arretrato durante la giornata. Ieri, mi ha preso Morfeo e mi ha regalato un sogno. Mi ritrovo alla fine degli anni ’70, quando - preso dal sacro furore dell’Idea e spinto dal sacrificio dei martiri di Acca Larentia – decido di entrare in una storica sede cittadina del Fronte della Gioventù (organizzazione giovanile del Msi), iniziando a condividere con militanti giovani e meno giovani un’intensa e bella stagione di militanza giovanile durata oltre dieci anni. Il sogno raccontava di tante ore passate in sezione, di tante battaglie, di tante soddisfazioni, ma anche di tante delusioni, spesso determinate dalle scelte dei cosiddetti ‘adulti’, mai troppo contrastati.
Anni di militanza coronati dall’ingresso – sancito da una nomina con firma assai autorevole – nel gotha nazionale giovanile. Giornate ricche di idealità, di impegno, di sacrificio, di speranze fortificate dall’entusiasmo dell’età. Anni ricchi di amicizie, fortificate dalla condivisione dei medesimi ideali. In una parola sola, cementate dal cameratismo. Proprio così, nel sogno ci consideravamo camerati in quanto appartenenti, nonostante le tante diversità, ad una stessa comunità militante. Ci sentivamo forti perché dediti a qualsiasi costo (e per tanti il costo è stato fin troppo elevato…) ad una missione, eredi di un testimone che altri, veri eroi, ci avevano consegnato.
Noi, forse coraggiosi, sicuramente arditi ed anticonformisti, qualche volta folli. In tante occasioni costretti ad accontentarci di affermare appena la nostra esistenza, la nostra fede, il nostro legame con una tradizione che arrivava da lontano. Anche con rituali, con segni e gesti esteriori, pur di testimoniare l’appartenenza. Anche con gesti sciocchi, inutili e qualche volta incoscienti. Come presidiare quattro manifesti all’interno di una facoltà universitaria, roccaforte di quelli che erano i ‘nemici’ e per i quali eri un ‘nemico’. Spesso la scintilla scoccava per molto meno.
Una sequela infinita di episodi, incontri, eventi, riunioni, raduni, congressi, cortei che servivano a rafforzare le Idee ed a consolidare i rapporti umani. Dal sogno ho estrapolato i nomi di Toto, Corrado, Giampiero, Roberto, Pierfrancesco, Gilberto, Maurizio, Fabio, Gianfranco, Gianni, Massimo, Alessio, Massimiliano, Agostino, Raffaele, Giustino, Marzio e Nicola…
Ma sono certo di dimenticarne tanti.
Ricordo gli slogan dei pochi cortei ai quali si riusciva a partecipare, tra i più gettonati e gridati all’unisono “Il comunismo non passerà”, “Contro il sistema la gioventù si scaglia, boia chi molla è il grido di battaglia”, “Europa Nazionale Rivoluzione”.
Ricordo che, negli stessi cortei, gli slogan erano accompagnati da una selva di braccia tese, alla faccia della legge Scelba. A riprova che ‘me ne frego’ era il nostro motto.
Ricordo che qualcuno dopo aver scalato il vertice del partito - mi pare Gianfranco - diceva “l’identità che il Msi orgogliosamente rivendica non è tesa a restaurare un regime, bensì a rilanciare valori che quel regime teneva ben presenti”. (La Repubblica - 31 ottobre 1992)
Ricordo che a Strasburgo, in occasione un raduno giovanile delle destre europee, durante la cena di gala scandalizzammo i puritani assai ’lib-dem’ di alcuni movimenti del nord Europa, cantando a memoria “Cara al sol” in omaggio a Blas Pinar, leader spagnolo di Fuerza Nueva.
Ricordo che qualcuno - mi pare Gianni – nel suo documento di candidatura alla segreteria del FdG scriveva “tutti i fenomeni di nostalgismo inutile non hanno nulla a che fare con la difesa delle nostre radici storiche fasciste”. (“Per una rifondazione comunitaria del movimento giovanile” – maggio 1988)
Ricordo che in ogni sezione del FdG c’era almeno un ritratto o una foto mussoliniana e chissà quanti libri che parlavano di Lui.
Ricordo che per protestare contro l’imperialismo americano e per ricordare i Caduti della Rsi qualcuno – mi pare Fabio e Gianni - prese tante manganellate dalla polizia, fu arrestato e denunciato.
Ricordo che in tante città il 28 aprile si celebrava una messa in ricordo dei Caduti per l’Idea.
Ricordo che in un ‘quaderno’ del FdG qualcuno – mi pare Maurizio - tra i riferimenti culturali inserì anche la Carta del lavoro ed i diciotto punti di Verona. (“Memoria, idee, futuro della Giovane Destra” - settembre 1989)
Ricordo tante altre cose, che evocavano un clima, uno stato d’animo, una tensione ideale, una memoria storica. Ma sopratutto ricordo che, anni dopo, tanti erano diventati qualcosa. Chi deputato, chi senatore… chi assessore, chi sindaco… chi ministro, chi presidente.
Ai tempi della militanza, non era quello il nostro obiettivo finale, ma poteva rappresentare una tappa importante del nostro percorso per contare, per decidere, per affermare i nostri valori. Sempre però - dicevamo – all’insegna del “non rinnegare, non restaurare”, come insegnatoci dai padri fondatori.
Poi, mi sono destato ed ho capito che era solo un sogno. Un sogno avvincente, ma il frutto di un delirio onirico. Da sveglio non c’era più traccia di quell’appartenenza. Chi più chi meno si è affrettato a svicolarsi, a defilarsi, a smentire, a spiegare, a giustificare, a negare, tanti a silenziare... Insomma, si cantava, si gridava, si leggeva, si salutava, si affermava, si giurava, ma non siamo mai stati… Non siamo 'ex', tanto meno 'neo' o 'post'.
Ma allora... chi eravamo?

26 commenti:

Anonimo ha detto...

Devo farti i complimenti, il post è semplicemente fantastico e capisco cosa vuoi dire.
Ho solo 29 anni, non ho vissuto gli anni settanta e ottanta...grazie per queste pillole di DESTRA che ci doni.

Anonimo ha detto...

E' colpa di quella generazione se oggi sacche di emarginazione giovanile si riversano in partiti velleitari ostaggio di "ducetti" senza scrupoli.
E' colpa di quella generazione se oggi non siamo più nella fogna, ma già al cimitero. E' colpa di quella generazione se, benchè ci sentiamo tremendamente rivoluzionari, veniamo trattati dalla società come pezzi d'archeologia. E' colpa di quella generazione se la grande stagione partita nel '92 non è stata sfruttata per applicare alla nostra Patria le magnifiche idee sospese tra l'eresia nazionale del socialismo e l'eresia sociale del nazionalismo.

Anonimo ha detto...

AN è nata a perchè nessuno si voleva chiedere "da dove venivamo, ma dove volevamo andare".
nessuno può cambiare quelle pagine di storia di militanza, che rimarrano. per sempre.
oggi, chi vuole porsi come erede "d'ufficio" del MSI, non so quanto potrà raccogliere di eredità.
ma la domanda sicuramente rimane. e forse il primo a dare la risposta fu Giorgio Almirante quando rivolgendosi alla platea di un assemblea del FdG disse che "la vostra generazione sarà quella che andrà al governo del paese".
chiedersi ancora oggi chi eravamo?e anche chi siamo?
giusto. sperando che si risponda sempre "quelli del futuro".

un caro abbraccio, GB

Anonimo ha detto...

Penso che Giambattista Salis abbia ben centrato in sintesi la risposta al tuo intervento!
cameratescamente
Toto

Anonimo ha detto...

Il tuo articolo mi fa venire da piangere. S
e è vero che Almirante disse ai ragazzi del FdG che sarebbero stati i governanti del futuro, credo che non immaginasse mai con chi, quei ragazzi sarebbero andati al governo. Ma soprattutto quanto avrebbero dovuto rinnegare, tra progetti politici, linee culturali e dignità. Scusa se sono duro, ma non ne posso più di tutta questa ipocrisia. Ormai anche da noi si fa a gara per farsi piacere Tremonti, Schifani, Cicchitto o Bossi (quest'ultimo è almeno coerente e ha fondato un partito serio, oggi, il più antico dei partiti in Parlamento). Ti giuro, mi sta cominciando a diventare simpatico Marco Travaglio e a rimpiangere giornalisti come Montanelli...

Saluti camerateschi.

Anonimo ha detto...

Per chi come me ha vissuto gran parte della vita del vecchio MSI e che nonostante i temi continua considerarsi un Fascista (notato la maiuscola?) non è facile accettare ciò che succede, ho vissuto tempi in cui le nostre sedi erano piene di folli che incoscentemente non avevano paura di nulla di nessuno, orgogliosi di essre diversi e consapevoli che questa diversità forse ci rendeva migliori erano appunto i tempi di Boia chi molla è l'urlo di battaglia" e "Italia Europa Rivoluzione" parafrasando Drieu con il suo Fascismo Europa Rivoluzione, ma per chi sono morti Drieu, Brasillach per chi è stato imprigionato Ezra. Per chi si sono sacrificati Ramelli,Mantakas ecc. troppi sono morti per fare governare questi signori(sigh!!)sono dimenticati e credo sarebbe bello dedicare un giorno alla loro memoria. La mia non è nostalgia sterile ma rimpianto di ciò che poteva essere e non è stato. Anche mi sono battuto assieme a Gianni Gianfanco Ignazio ecc, non ci sono più dove sono , mah forse persi in questa liberal-democrazia che ci avvolge come un tragico blob. Rimane l'oroglio di essermi sempre battuto per le mie idee senza cercare tornaconto di alcun genere.
"Agire senza guardare ai frutti,senza che sia determinante la prospettiva del successo e dell'insuccesso,della vittoria e della sconfitta,del guadagno o delle perdite, e nemmeno quella del piacere e del dolore, dell'approvazione e della disapprovazione altrui." Julius Evola. Erano altri tempi e purtroppo ho paura che abbia parlato invano. A NOI.

Anonimo ha detto...

Condivido appieno la tua passione ma dobbiamo metterci in testa che quell'epoca è davvero finita e le persone che coprono oggi quegli incarichi istituzionali sono solo casi di omonimia con i precedenti "camerati".
un caro e sconfortato saluto

Anonimo ha detto...

Ricordando e citando Evola ti rispondo che quello che stiamo vivendo ha solo un nome: Kali Yuga.
Tuttavia anche l'Eta del Ferro passera' e dalle sue ceneri risorgera' l'Eta dell'Oro, con i suoi geni ed eroi.
Bisogna guardare lontano...
A noi!

Anonimo ha detto...

I sogni lasciano la bocca amara, tanta tristezza e anche rabbia! Rabbia per essere stati strumentalizzati a piacimento dai vari ducetti di turno, che approfittando degli ideali di tantissimi giovani li mandavano allo sbaraglio e molti ci lasciavano la pelle! Rabbia, perchè strumentalizzati e messi gli uni contro gli altri. Rabbia, perchè, oggi a 63 anni e dopo 44 anni di attiva militanza, non ho più la forza di rompere i grugni ai vari Pino, Gianfranco, Gianni, Maurizio e tant'altri! L'unica arma che mi rimane, per non pensarci, è ritornare a sognare in attesa che il Padreterno mi chiami a sè augurandomi che almeno lassù ci sia una vera giustizia!
Cameratescamente

Anonimo ha detto...

Questo post mi ha ricordato questi anni di militanza, con tanti camerati che oggi, stanno vendendo l'anima al potere dominante.
Un abbraccio!

http://www.simonespiga.tk

Anonimo ha detto...

Ho visto il tuo blog, lo riconosco,
non so chi sei ma ti conosco.

Allora quando vuoi fa del mio blog, il tuo blog.

Quando incontro una persona che ha qualcosa da raccontare, io mi siedo e ascolto.

abbiamo molto in comune anche se io sono filo-americano.

Ciao amico, io sono in ascolto.

Anonimo ha detto...

Eravamo una splendida illusione. E forse il nostro compito oggi è quello di provare infinite volte a costruire un mondo in cui quell'illusione si tramuti in realtà. Hanno vinto? "Abbiamo" vinto, dicono quelli là, includendo anche noi in loro? Credo che l'unica percezione del reale che mi rimane oggi sia la distanza siderale che separa un "noi" al quale intimamente abbiamo appartenuto e nonostante tutto spero di continuare ad appartenere, da un "loro" che credimi, dolorosamente, non inserisco nella categoria dell'hostis ma in quella assai più gravida di conseguenze dell'inimicus.
Il punto non è soltanto nel chiedersi chi eravamo noi, ma cosa è rimasto di quel noi e cercare i sentieri interrotti della modernità per ridare piena attuazione a quell'illusione. Una fantasia al potere senza il potere dell'Anello. E' ancora possibile sperarlo? E' lecito pensarlo? Non temo le catene e le manette del pensiero unico, vivo un aristocratico distacco da loro. Non riesco nemmeno più a condannare o a indignarmi: ma non voglio che nella loro storia includano anche il noi che eravamo come se la loro effimera conquista del potere fosse l'unico destino possibile di una storia cominciata insieme e nella quale non mi ri-conosco più in relazione agli esiti. Vorrei soltanto - ora che biologicamente mi allontano dalla più longeva giovinezza senza più speranza alcuna che il tempo non sia inesorabile - che il Noi che eravamo abbia il diritto di fecondare altri Noi che verranno.
Un abbraccio fraterno!

Anonimo ha detto...

E' accaduto ciò che, due anni fa, paventavo: i nostri "capi", dicevo, una volta arrivati nelle stanze del potere, si vergogneranno di essere stati non neofascisti, nè post fascisti, seplicemente di essere stati missini. E', prima di tutto, una sconfitta culturale.
Non è nemmeno una tattica che nasconde una strategia. E' il nulla. Perciò prepariamoci ad ascoltare ancora esternazioni sulla resistenza, sull'antifascismo, abiure anche sui "nostri" anni ''70.
Perchè migliaia di elettori di AN al nord hanno votato Lega?
Perchè questi "barbari" dicono da sempre quello che pensano. Ieri sera Tosi e Castelli hanno letteralmente fatto a pezzi la trasmissione di Santoro. Operazione MAI nemmeno tentata dai cortesi ospiti di AN, tutti così politicamente corretti.
Soluzione?
Tornare in mezzo alla gente, ascoltare le esigenze del popolo, interpretarle. Ma soprattutto selezionare una classe dirigente culturalmente preparata. Pensa a La Russa e a Ronchi (...) al governo. Pensa a Gasparri. Pensaci intensamente e ti sentirai venir meno. Ascolta le montagne di ovvietà che ci offrono ogni giorno e la loro profonda, abissale sconfinata ignoranza. Il pressapochismo in ciò che dicono e fanno e l'esempio plastico di ciò che non deve essere un politico ti si staglierà nitido di fronte.
Eravamo e siamo uomini in cammino al di là della destra e della sinistra in cerca di una sintesi in grado di offrire risposte al nostro tempo, ispirate ad una visione spirituale della vita e a forti principi di giustizia sociale. Sulle orme della tradizione italiana.
Il problema di questa "destra" al governo è che, per andare al potere, ha buttato a mare tutta la propria tradizione senza nemmeno provare ad attualizzarla e sposando ciecamente i dogmi del liberalcapitalismo.
Perfino Tremonti scrive contro il mercatismo...da "destra" il silenzio.
Che dire?
Resistere, resistere, resistere.
Un caro saluto e... coraggio.

Anonimo ha detto...

sono d'accordissimo con mario bortoluzzi,qui si rinnega la dottrina e le idee per i posti di comando,e' scandaloso!!!!!!purtroppo per via dell'eta',28,non ho potuto partecipare alla vera lotta per difendere le propie idee.a noi non interessava il governo ma la vera rivoluzione.adesso voto FN almeno per rimanere consono alle mie idee.A NOI!

Anonimo ha detto...

“Ricordo tante altre cose, che evocavano un clima, uno stato d’animo, una tensione ideale, una memoria storica. Ma sopratutto ricordo che, anni dopo, tanti erano diventati qualcosa. Chi deputato, chi senatore… chi assessore, chi sindaco… chi ministro, chi presidente”...
Chi invece è diventato niente. Storace, o meglio Francesco, ha la brutta caratteristica di sembrare il depositario della verità vera. Pure quando sa anche lui di aver schizzato fuori dal vasetto. Se le cose stanno cosi’ ed è bene che rimangano tali, è perchè ha deluso centinaia e centinaia di militanti aennini, fregandosene dei sentimenti per poi riscoprire - tardivamente - la vena cameratesca della quale, va detto, non frega piu’ una ceppa nemmeno a chi veniva, come me, dal MSI. Questi personaggi ci hanno fatto diventare piu’ pragmatici e meno ideologici; ed è questo l’unico merito che va loro ascritto. Chiaro che il pragmatismo va applicato anche alle “corde sensibili” quelle che taluni titillano quando loro fa comodo. Piu’ fatti e meno pugnette (anche mentali) diceva un mio amico pescivendolo: lui si che se ne intendeva.
...poi se decido di andare in gita a Predappio,vado da solo con me stesso... e non serve ostentarlo…

Anonimo ha detto...

Bei tempi..........

Anonimo ha detto...

Il racconto, il sentimento di faber mi ha commosso.
Ero anch’io a sacrificare tutto, anche la libertà e la vita per una missione, sì era una missione, lo sentivamo come fossimo gli ultimi difensori di un sogno, di una memoria, di un essere profondo.
Cos’è rimasto nei “cuori neri” del non restaurare non rinnegare”?
Ci sono cuori che non si sono spenti. Altri hanno abbandonato la strada per Itaca, sedotti dalle sirene. Noi seguiamo Ulisse, nonostante non si scorga la meta, le onde ci sommergono e ci sferzano, ma non tradiamo il nostro sogno di tornare, di liberare la Patria dai Proci.
Machiavelli, sicuramente una grande intelligenza, ma quanto di storto c’è nella politica, nella vita col “fine che giustifica i mezzi?”. Mezzi, mezzi uomini ha prodotto, ma nessuno ne è immune, siamo tutti vittime di una secolarizzazione, di una caduta che viene da lontano. Si tratta di tenere a bada questa bestia infame, di tenerla al guinzaglio perchè rovina col suo sguardo il cielo limpido di una condotta onesta, che preferisce morire al tradire. Perchè tradire significa tradire se stessi, perchè l’obiettivo che ritenevi puro, non lo è più, ti inganna, e quello che ottieni non è più lo stesso.

Anonimo ha detto...

Grazie per avermi fatto ricordare la mia militanza (partita però nel 1990), grazie anche per l'amarezza che mi hai trasmesso... Nell'euforia di questa vittoria, pochi ricordano. Non è facile, dobbiamo pensare che al governo del paese e al governo della capitale, dobbiamo rappresentare tutti. Non solo quelli che ci hanno votato. Anche se questo non giustifica certe frasi di cui nessuno sente la necessità... ma forse, fa parte del gioco!!!

Anonimo ha detto...

"Provocato" dai messaggi, il pezzo lo avevo cercato nel blog e lo avevo letto, pur senza conoscere l'autore. Mi fa piacere conoscerne il nome, che mi ricorda, sì, uno scambio di corrispondenza, anche se - ovviamente - non saprei ricordarne il contenuto.
Io, chi eravamo, lo so. Anche perché la mia evoluzione non ha subito né abiure, né nostalgie. Ho proseguito il mio cammino. Non rivendico coerenze ad ogni costo, ma io "altre strade" non le ho prese. Ogni mio passo - pubblico, motivato, documentabile: a prova di smentite... - ha seguito le premesse del precedente. Non potrei dire lo stesso di molti di coloro con cui ho avuto a che fare. Nel 1973 ho incontrato a Parigi Alain de Benoist. Ero abbastanza d'accordo con lui, e lo scrivevo. Trentacinque anni dopo, sono più d'accordo con lui di allora, e lo scrivo. Entrambi abbiamo ripensato, autonomamente e spesso in dialogo, varie opinioni, ma non direi proprio che ci siamo allontanati. Alcune centinaia di persone che si erano appassionate a "La voce della fogna" e poi interessate a "Diorama" hanno, in diversa misura, condiviso l'esperienza della Nuova Destra e poi della ricerca di "nuove sintesi" collocate nel solco di quell'"al di là della destra e della sinistra" che ci aveva riuniti nel 1981 in un convegno di studi. Almeno altrettante se ne sono distaccate. Capita. Ma, francamente, resto del tutto convinto di quel che ho fatto dopo la rottura dei rapporti con il Msi. Molto meno di quel che ho fatto prima, per/in un ambiente che non meritava tante energie, tante speranze, tanti sacrifici, di molti e anche miei. Se fossi "rimasto assai vicino a quella riva", avrei tradito la spontaneità, la sincerità, la convinzione con cui ho vissuto le mie scelte. Quella "riva" non era tale: era un iceberg che seguiva rotte tormentate, che si sono via via allontanate da ciò in cui credevo. Quando ci stavo sopra, ho illusoriamente creduto - fino al 1979, anno del mio effettivo distacco dall'attivismo di partito, dopo il deludente congresso di Napoli - che, con altri, avrei potuto imprimergli la direzione che pensavo (pensavamo) giusta. Ma era impossibile riuscirci. E, malgrado altre speranze, altri impegni, altri sogni, non è stato possibile neppure convincere i molti amici in buona fede che sull'iceberg erano rimasti che si sarebbe potuto e dovuto utilizzare un altro veicolo per avvicinarsi all'obiettivo che, almeno a parole, tutti ci prefiggevamo.
Pazienza. Perlomeno, ci abbiamo provato. E neanche adesso abbiamo tirato del tutto tirato i remi in barca. Non abbiamo - non ho - anteposto gli interessi personali al perseguimento di un progetto in cui crediamo. Che sarà forse irrealizzabile, ma è comunque meglio, e molto di più, della testimonianza di un tempo andato. La nostalgia per il quale non può che portare, come anche tu sei costretto a constatare, altre delusioni.
Mi piacerebbe che molti "ex" di un mondo che si è sgretolato sotto i loro piedi senza che se ne accorgessero avessero il coraggio di ammetterlo. E di trarne le debite riflessioni.

Anonimo ha detto...

Andreotti ha torto: il potere corrompe proprio chi ce l'ha! Ovviamente non tanto nel senso di corruzione pecuniaria, ma di corruzione mentale. In fondo il tuo ragionamento è lo stesso che molti a sinistra hanno fatto nei confronti della sinistra andata al potere: come questa non è mai stata comunista come ha detto esplicitamente Veltroni ed altri mai hanno detto (in primis D'Alema), così quelli non sono mai stati fascisti. Non meravigliamocene.
Sono d'accordo con quel che scrivi, ovviamente. Io non sono mai stato militante nel senso tuo e di altri e quindi certi ricordi personali non li posso avere, ma ho altri tipi di ricordi ed altre cose in cui credo e quel che sta succedendo lo vivo con una certa dise di disagio: lo sto cercando di scrivere con le dovute maniere. Ritengo che certe concessioni, affermazioni, sbracamenti non fossero assolutamente necessari, oppure che potrebbero essere compensati con altre ed opposte affermazioni. Ma tant'è. Vedremo quel che succede. Se si ingoiano certi rospi è almeno nella speranza che culturalmente si smuova qualcosa qui a Roma.

Anonimo ha detto...

Mi sono letta il tuo pezzo e purtroppo passo il mio tempo a riflettere su chi sono io,
su cosa ho fatto e su cosa sto facendo. La risposta la conosco benissimo se mi volto indietro, non mi sopraggiunge – invece – se penso al presente.
Troppe amarezze hanno velato il mio cuore e la mia testa anche se le più grandi riguardano tante persone di cui parli e da cui ho inutilmente aspettato anche piccoli gesti.
La tristezza è un poco il mio miele quando penso alle cose che ho vissuto e la mia unica speranza è sapere ancora che cosa vale per me e che cosa sono stata capace di trasmettere.
E’ stato poco? Non lo so, è stato!

Anonimo ha detto...

Eravamo noi...

Anonimo ha detto...

Rispondere alla tua domanda è semplice, ma potrebbe sembrare semplicistico: eravamo soprattutto giovani e come tali ci siamo spesi, nei nostri tempi e con le difficoltà che vi erano, con il coraggio, la forza e la purezza di
giovani "credenti".
Oggi molto certo è cambiato. Il vecchio concetto di militanza viene sempre meno praticato, ma non è certo scomparso, il non avere un nemico così fisicamente
evidente ha fatto anche perdere vincoli di cameratismo spesso cementati da avversità, l'onesta e la "decenza etica" di molta classe politica che proviene dalle nostre
fila non entusiasma certo i cuori, ma sei proprio certo che tutto quanto noi abbiamo fatto e ciò in cui abbiamo creduto sia stato vano?
Non voglio dire che una vittoria elettorale può cancellare le criticità che paiono a volte tanto evidenti da non poter non vedere, ma questa volta non è stata solo la
vittoria di una parte politica.
La scomparsa dal Parlamento di coloro i quali, anche solo
moralmente, si sono sporcati le mani con il sangue dei nostri camerati, la vittoria - questa sì della militanza e di una Comunità -di Gianni a Roma, l'avvertire che davvero sembrano - per la prima volta - superati insieme dopoguerra e '68, vedere affiorare verità che sembravano impossibili da rendere di dominio comune come la tragedia delle Foibe e della "resa dei conti" successiva al 25 Aprile 1945, credo che tutto ciò sia sufficiente per sapere che abbiamo speso bene i nostri anni giovanili.
Senza di noi sarebbe accaduto lo stesso, ma almento possiamo avere la presunzione e l'orgoglio di dire che "io c'ero".

Anonimo ha detto...

Essere in compagnia di tanto senno mi costringe a cercare di dire qualcosa di un po' intelligente. Al di là dell'inevitabile: "Io c'ero!"..."Ecco un prode!", che mi lascia abbastanza indifferente, dico che, mettendo da parte le celebrazioni (e le autocelebrazioni: io qui, io là...), gli intellettuali hanno avuto un ruolo tutt'altro che marginale in questa decadenza. Una volta (quella volta), l'intellettuale di destra era un militante, mobilitato permanentemente: un pragmatista, un interventista, un vailatiano. Oggi, se va bene, l'intellettuale è una trombetta del potere politico oppure un dropout che si veste in modo eccentrico e che parla da solo.Colpa della destra che non c'è più? Degli intellettuali che sono tutti quanti un po' deboli di reni? Poco importa: la questione è che, quando si è assediati, la fratellanza non è solo inevitabile, è anche uno strumento tattico. Viceversa, quando si gestisce denaro, potere, incarichi, è molto difficile contrastare una deriva, come dire, neofeudale. Probabilmente, una grande differenza sta anche nel fatto che, ai tempi del FdG, eravamo giovani e oggi siamo signori di mezza età: tuttavia, credo che il punto sia un altro. La mia impressione è che tanti giovani pensatori di allora, oggi pretendano una sorta di rimborso spese: mi sono fatto il culo trent'anni per l'idea, adesso datemi un assessorato! Gran bell'esempio per le nuove generazioni: infatti, a venticinque anni, girano già in grisaglia, col communicator e la cravattina azzurra. D'altronde, perchè perdere tempo con la Bildung? Passiamo direttamente al sodo, tanto, prima o poi, è lì che si arriva...Concludo postulando che il vero problema sia un problema esemplare e personale. Esemplare, perchè i notri politici avrebbero il dovere di tracciare la scia e di dare l'esempio (mai frase fu più nefanda di quella che dice che gli Italiani hanno i politici che meritano): viceversa, sono degli sprovveduti, ubriachi di un potere che gli è piombato addosso e che non sanno gestire.Persone, perchè soltanto coltivando i valori umani e civili nelle persone si può pensare di formare una classe dirigente degna di questo nome. E i nostri politici valgono zero proprio come persone. Qui concludo, ricordando che, al di là delle apoteosi panegiriche, proprio Almirante inaugurò un certo modo di essere, dentro il FdG. Credo che Tarchi quel 1977 congressuale se lo ricordi bene...Io, su Radiouno, ho perfino cercato di immaginare come sarebbero andate le cose se Fini non fosse stato messo lì d'imperio da Almirante. Insomma, forse ho fatto un po' di confusione, ma spero che si sia capito il dicorso: scusatemi, ma sono le otto del mattino e sono stanco e devo ancora scrivere un sacco di cazzate. Queste le ho scritte solo per dimostrare a Faber che lo amo ancora...Ah, dimenticavo: anche se tutti, io no!

Anonimo ha detto...

Da sempre sono convinto che la vita vera sia quella del sogno... poi al mattino, suona la sveglia... e inizia l'incubo.

Anonimo ha detto...

Sì, qualcosa è cambiato. Non tutto in meglio. La vittoria ha i suoi prezzi. La condizione per vincere è guardare avanti, mentre il culto delle memorie, nel ricambio delle generazioni, è fatalmente sempre più minoritario. Ma questa parte di popolo fedele, che per decenni ha portato con grande dignità i pesi di una epocale sconfitta, aveva pure il diritto di assaporare dopo più di sessant'anni anche il gusto di una vittoria.