sabato 21 giugno 2008

Spigoli trasloca...

Da domenica 22 SPIGOLI trasloca coi suoi articoli ed i vostri commenti.

mercoledì 18 giugno 2008

Giambattista Vico docet...

«...di questa drammatica distanza dalla sensibilità popolare, di questo deficit di radici sociali, Veltroni è parso del tutto ignaro... con l'immagine salottiera e poco ruspante che la sinistra post-berlingueriana, con la sua mancanza di radicamento nel territorio, con la sua distanza culturale dalle regioni del Nord, presentarsi alle elezioni con un candidato premier che è la quintessenza del bel mondo di Roma, delle sue terrazze e dei suoi salotti, era già un azzardo notevole...» ("Perché siamo antipatici? La sinistra e il complesso dei migliori” - Luca Ricolfi - Longanesi)

Correndo con la mente al prossimo futuro 'post-berlusconiano' - immaginando una Lega sempre più forte ed indipendente e un 'partito contenitore' enorme, confuso ed indefinibile - si potrebbe prendere in prestito il pensiero 'ricolfiano' per cucirlo addosso al PdL. Appare verosimile e disegna un potenziale scenario che sancirà la morte della politica.

P.S.= Facile anche indovinare chi potrebbe indossare i panni veltroniani...

venerdì 6 giugno 2008

I 'gendarmi' senza macchia e senza paura

Achtung! E’ arrivato in libreria un volume
«da maneggiare con cura perché rischia di intossicare il lettore» (La Stampa – 16 maggio 2008).
L’avviso ai bibliofili, riferito alla nuova produzione di Giampaolo Pansa, è di Miguel Gotor, docente di Storia moderna all'Università di Torino. E' il settimo libro della saga sulla guerra civile che ha insanguinato l'Italia negli anni 1943/45 ed oltre, scritto questa volta con la veste di romanzo. Volumi che finora hanno venduto centinaia e centinaia di migliaia di copie ed anche “I tre inverni della paura”, dopo appena due settimane, è già in vetta alle classifiche. Un successo costante poco gradito a quelli che Pansa ha definito i 'gendarmi della memoria', impegnati nella missione di salvaguardare i dogmi della vulgata antifascista e resistenziale, che vuole i buoni da una parte ed i cattivi rigorosamente dall’altra. Si tratta di sentinelle dell’ortodossia, tanto spregiudicate da azzardare, come lo storico torinese Angelo D’Orsi, che «siamo in pieno ‘rovescismo’… fase suprema del revisionismo stesso».
Un parente stretto del ‘giustificazionismo’, a sua volta erede del ‘negazionismo’. Sistemi dialettici che si sono alternati - soprattutto per spiegare il dramma delle foibe coi suoi diecimila trucidati – nelle tesi degli storici, degni colleghi di Gotor.
Il buon Miguel, commentando il libro di Pansa, ha indossato il vestito da sciacallo e si è spinto a scrivere: «…i preti uccisi lo sono sempre senza una ragione plausibile e neppure una volta viene detto che quella violenza anticlericale è forse figlia della consapevolezza che i segreti raccolti nel confessionale si sono trasformati in delazioni omicide; le fanciulle stuprate e uccise dai partigiani sono sempre vittime innocenti e mai affiora il sospetto che, amoreggiando con i soldati nazisti, abbiano potuto trasformarsi in spie, vendendo i propri compagni di scuola, divenuti resistenti, al nemico, per un paio di calze di nylon, un tozzo di pane, una carezza d’amore in più» (La Stampa – 16 maggio 2008).
Un fulgido esempio di equilibrismo storico: da una parte santi ed eroi, nella peggiore delle ipotesi salvatori della patria, dall’altra, assassini, spie e puttane.
A breve, contro il ‘traditore’ Pansa riprenderà l’azione collettiva dei ‘gendarmi’ per impedirgli di ribadire che «gli squadroni della morte di una parte del Pci hanno continuato ad ammazzare per odio di classe fino alla fine del 1946» (Quotidiano Nazionale – 16 maggio 2008), nonostante «la retorica della resistenza abbia accreditato la favola della guerra civile con unico scopo la liberazione dal fascismo» (Libero – 16 maggio 2008). Invece, «la guerra dei partigiani rossi era solo il primo passo verso la conquista del potere per trasformare l’Italia in una Ungheria del Mediterraneo» (Quotidiano Nazionale – 16 maggio 2008), ma «gli ordini del Partito comunista andavano nella direzione del silenzio» (Liberal – 16 maggio 2008).
A Pansa il merito di aver contribuito - per la prima volta apertamente da sinistra - a ricostruire stragi, eccidi, violenze, vendette, pistolettate in testa, fucilazioni, rappresaglie, fosse comuni che in quegli anni insanguinarono l’Italia. Un lungo elenco di nomi, luoghi, episodi ignoti ai più, ma soprattutto occultati per non urtare l’agiografia della resistenza. Pochi conoscono l’eccidio di Rovetta, la strage di Oderzo e quella di Schio, il massacro dei fratelli Govoni. Fatti che la storiografia antifascista ha sempre ignorato di proposito, per opportunismo partitico o faziosità ideologica.
Agli occhi dei ‘gendarmi’ la sua imperdonabile colpa è quella di aver offerto un contributo a sollevare il macigno che l’utilizzo della storia per fini politici ha posato proditoriamente su alcune pagine. Il meritorio tentativo di rileggere la storia, di ripercorrere la memoria rendendo giustizia anche ai vinti, non si può liquidare semplicisticamente con la parola ‘revisionismo’. Peraltro, sana abitudine alla base di qualsiasi ricerca seria. Troppo veleno che fa riflettere: forse la storia di quei tragici anni è intoccabile?